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Feltrinelli, 2021
Abstract: Com’è la nostra vita, vista da chi ci consegna la cena? Un rider ventitreenne e un ragazzino. Un’amicizia un po’ improbabile. Un viaggio pieno di sorprese. Napoletano ventitreenne trapiantato a Milano, Gennaro Di Nola detto Genny, di professione rider, si diverte a indovinare il tipo di persona che gli aprirà la porta in base al cibo che ha ordinato. Quei pochi secondi in cui sbircia nella vita degli altri, fermo sul loro zerbino, sono per lui una tentazione irresistibile, ed è difficile che sbagli a tracciare un profilo. Una sera però, contro ogni pronostico, incontra Luca: dodici anni, capelli a spazzola con un po’ di crestina, maglia del Napoli e un secchio grande di pollo fritto di Crispy World da mangiare da solo. La madre è uscita, il padre non c’è mai stato: è in un posto lontano a dar da mangiare alle balene, o almeno così gli è stato detto. Un’assenza che si riflette nei suoi occhi nerissimi e profondi, in cui Genny intuisce un dolore che li accomuna. Bastano poche battute perché il ragazzino riesca a convincerlo a entrare in casa per guardare insieme la Champions League in tv. Di partita in partita, nasce così un’amicizia tenera e un po’ surreale, nonostante la diffidenza iniziale della madre di Luca, restia a fidarsi di uno sconosciuto. Finché Luca annuncia di voler andare a Napoli con Genny. Sarà una grande avventura e, al tempo stesso, un salto nel passato. Per poter finalmente andare incontro al futuro.
18 agosto 2023 alle 16:07
Come lo stesso autore dichiara apertamente nella pagina dedicata ai ringraziamenti, "questo libro è una storia inventata (...). La parte che riguarda i rider, in particolare, è fittizia, per quanto verosimile, e non vuole essere un'analisi sociologica in un mondo così complesso e variegato. E' piuttosto un omaggio ai ragazzi e alle ragazze che fanno questo lavoro, verso i quali, fin dalla loro comparsa sulle strade del nostro Paese, ho sentito un afflato e un'empatia che non potevo non ascoltare".
Con quello che avrebbe dovuto fungere da incipit (ma che forse è stato posto solo alla fine per non smorzare fin da subito il potenziale emotivo della storia), Rosario Pellecchia ci fa sapere che la narrazione è, sì, verosimile, ma fino ad un certo punto.
Gennaro, detto Genny, napoletano di 23 anni che da Napoli si trasferisce a Milano, convinto che allontanandosi dai luoghi del passato potrà allontanarsi anche dal passato stesso. Un espediente narrativo già noto e ampiamente sfruttato.
Quinto Orazio Flacco, già a suo tempo diceva nelle sue"Epistole": "Caelum, non animum mutant qui trans mare currunt" ovvero "coloro che vanno per mare mutano non il loro animo, ma il cielo". Lo stesso concetto venne ripreso poi da Seneca: "Animum debes mutare, non caelum", ovvero "l'animo deve mutare, non il cielo".
In sostanza il protagonista, come centinaia di altri prima di lui nella storia della letteratura mondiale di oggi e di allora, si convince che è sufficiente andarsene lontano, in un posto nuovo, per riuscire a dimenticare ciò che invece la sue mente si ostina a fargli ricordare. Ma se si cerca di sfuggire a se stessi, e ignorare cosa si ha dentro, non si raggiungerà mai la serenità.
Unito a questo, c'è anche il lavoro di rider, che lo aiuta a non pensare, ma soprattutto gli permette di realizzare una intima e segreta ambizione, nutrita più da una visione un po' romanticizzata (e letterariamente abusata) della realtà, piuttosto che da una necessità concreta di guadagnare soldi, ovvero una curiosità quasi morbosa di entrare nella vita degli altri, sostanzialmente per distrarsi dalla propria.
E lo svolgimento degli eventi che seguono dopo l'incontro con una vecchia signora che ordina sempre la stessa pizza (pizza Bismarck, con uova e asparagi, che battezza anche il titolo del primo capitolo), e con Luca, un ragazzino milanese di 12 anni che tifa per il Napoli, lasciano pensare ad un "what if" piuttosto che a qualcosa in grado di accadere realmente, oltretutto in una città come Milano, sempre più incline ad indurirsi piuttosto che a concedere fiducia (o un appena accennato senso di solidarietà ed empatia) verso un estraneo.
Tutti e 44 i capitoli sono titolati con il nome di una pietanza, o di un cibo ("Polpettone vegano", "Il giro pizza". "Avocado toast", "Frittata di pasta", "Cassoela", "O' cuoppo", "Il ragù della domenica", "Basilico", "Sfogliatella"...tanto per fare qualche esempio).
In alcuni casi le pietanze sono legate a un episodio del presente, altre riportano i personaggi a ricordi del passato, come del resto solo gli odori e i sapori riescono a fare al meglio.
Non è certo un espediente narrativo nuovo quello di costruire un'intera storia attorno e sul cibo, che in questo caso ha una sua logica, dal momento che è appunto il cibo a far incontrare i personaggi, li avvicina e svela il loro stile di vita ed anche la loro storia personale.
Un libro che non stravolge, ma si rivela godibile.
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