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Voci di muto amore
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Kenaz, Yehoshua <1937->

Voci di muto amore

Firenze : Giuntina, c2005

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Abstract: La signora Moskovitch e Paula la smemorata, il pittore Dagan e Fichman il pazzo sono alcuni tra i protagonisti di questo romanzo, tutti anziani ospiti di una casa di cura nei pressi di Tel Aviv. Qui, tra i corridoi e le camere, si rispecchiano con grande potenza i disagi e le paure di persone vecchie e malate, abbandonate alla propria solitudine, alla mercé di qualunque sfruttatore, costrette a una nervosa attesa dell'ultima chiamata. Il tempo è dilatato in uno spazio infinito di ricordi e di rimorsi, rapporti umani segnati dalla condizione insostenibile di non essere più indipendenti, i desideri personali relegati a particolari insignificanti, ultimi simbolici resti di vite ormai spese.

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LUCIA CARBONI
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Il titolo originale di questo romanzo è “La via verso i gatti” e fa riferimento al cortile che la signora Moskovitch vede sotto casa sua e dove i gatti vanno a rovistare tra i bidoni delle immondizie. Dopo la pubblicazione del libro, “la via dei gatti” è diventato un modo di dire per indicare quando qualcuno sta così male e si aspetta solo una brutta conclusione come finire nell’ immondizia. 
Questa è stata la fine della signora Betty Poldo, inquilina dirimpettaia della signora Moscovitch, che si è gettata dal balcone nel cortile e raggiungere i suoi amati gatti: “….Quei gatti che l’ avevano chiamata in silenzio, con le loro voci di muto amore”
Jolanda Moskovitch invece è una donna combattiva, intelligente e pienamente consapevole della sua condizione di donna non più giovane, con gravi problemi di deambulazione e soprattutto sola e abbandonata a se stessa. 
In questo contesto cerca di attuare tutti i meccanismi ed i pensieri che le permettono di non adagiarsi o arrendersi e quindi avvalendosi di aiuti a pagamento, economicamente se lo può permettere, riesce ad ottenere il bucato della biancheria, l’approvvigionamento allo spaccio del succo e dei wafer, il ritiro in banca della pensione e quant’ altro le può servire. 
Non trascura l’ aspetto fisico perché ogni giorno, allo specchio, prende atto con desolazione del degrado causato dalla malattia e dalla vecchiaia e cerca di rimediare truccandosi il viso in maniera pesante e quindi un po’ volgare, indossando i suoi abiti migliori e concedendosi, ogni quindici giorni, le prestazioni di una parrucchiera che viene appositamente per acconciarle e tingerle i suoi bei capelli dei quali va fiera. 
E’ attenta a non farsi imbrogliare o derubare, ma se questo è il prezzo da pagare per sopravvivere ed andare avanti, lo accetta come il male minore: purtroppo ladri ed imbroglioni pullulano tra i visitatori, tra i degenti ed anche tra il personale che dovrebbe invece prendersi cura dei pazienti. 
Jolanda cerca di relazionare con le donne e gli uomini ricoverati, ma i rapporti sono difficili perché in quelle condizioni di solitudine, sofferenza e fatica a vivere, non può permettersi di condividere le pene altrui. 
Non ritengo Jolanda una donna egoista.
Kenaz ci dà una visione della vecchiaia associata alla malattia ed alla solitudine e all’abbandono oltre al disinteresse della società che lascia i vecchi soli ed in balia di persone prive di moralità e disoneste. Questa situazione purtroppo è riscontrabile in ogni paese del mondo. 
L’ autore insiste nel rimarcare la presenza, in questo microcosmo ospedaliero di lungadegenza, di persone con provenienza da lontani luoghi differenti, che parlano una lingua incomprensibile agli altri e con abitudini e tradizioni diverse, essi creano così tanti piccoli agglomerati di gente omogenea che stenta ad aprirsi ed integrarsi. 
La lettura di autori israeliani ci ha ampiamente fatto conoscere questa realtà difficile ma affascinante della convivenza tra uomini e donne arrivati da tanti paesi diversi.

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